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La ricerca di Gianluca Brando parte dal recupero di oggetti marginali dell’ambiente che ci circonda, che l’artista indaga attraverso la scultura e l’installazione, la fotografia e il disegno.
Con l’atteggiamento di un esploratore di tracce, Brando fonda la sua pratica sul reimpiego di forme e materiali di scarto che, prelevati dal contesto originario, subiscono un graduale processo di metamorfosi fino ad assumere posizioni opposte.
Attraverso la commistione di elementi eterogenei, tramite il ricorso alla procedura del calco e all’uso del riflesso come strumenti di registrazione e inclusione, Brando riattiva tracce e frammenti di realtà per ribaltare la visione delle cose.
Dallo stretto rapporto di relazione con contenuti preesistenti, le sue opere agiscono direttamente sulla percezione degli spettatori e pongono interrogativi su quale sia la reale natura delle forme di cui si fa esperienza, tra riconoscimento e immaginazione, familiarità di ciò che si osserva e percezione di estraneità.
Attingendo sia al repertorio formale della produzione industriale che a quello della storia archeologica, sia all’impersonalità dei pattern ornamentali europei che a suggestioni orientali, ogni opera di Gianluca Brando interroga il presente e ricostruisce una tensione tra elementi distanti. 
Rielaborando liberamente i contenuti latenti di strutture e forme periferiche, tra affermazione e negazione, tra assenza e presenza, il lavoro di Brando ci proietta in uno spazio immaginario.


Gianluca Brando’s research starts from the recovery of marginal objects from the environment that surrounds us, which the artist investigates through sculpture and installation, photography and drawing.
As an explorer of traces, Brando bases his practice on the reuse of discarded forms and materials that, taken from their original context, undergo a gradual process of metamorphosis until they assume opposite positions. Through the commingling of heterogeneous elements, through the use of the cast procedure and the use of reflection as tools of registration and inclusion, Brando reactivates traces and fragments of reality to overturn the vision of things. From their close relationship with pre-existing content, his works act directly on viewers’ perceptions and pose questions about what is the real nature of the forms experienced, between recognition and imagination, familiarity of what is observed and perceived foreignness. Drawing on both the formal repertoire of industrial production and that of archaeological history, both the impersonality of European ornamental patterns and Eastern suggestions, each of Gianluca Brando’s works interrogates the present and reconstructs a tension between distant elements.
By freely reworking the latent contents of peripheral structures and forms, between affirmation and negation, between absence and presence, Brando’s work projects us into an imaginary space.